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analisi di brani musicali misti e di diversi periodi storici, esercizi di analisi struttura con contestualizzazione in ambito di riferimento
Typology: Study notes
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Nel 1912 scrivere Pierrot lunaire, che fa scandalo epocale. Pierrot Lunaire è basato su un ciclo di Lieder facenti parte di una raccolta di 50 poesie (Schönberg ne scelse 21) del simbolista Albert Giraud, scritto nel 1884, musicate nella traduzione tedesca di Otto Erich Hartleben. Scritto per voce recitante e ensamble strumentale. Una delle composizioni più rappresentative della fase di S. definita a-tonale. Rappresenta la rinuncia sofferea e consapevole del compositore alle convenzioni del linguaggio armonico tonale. Sentito ‘di maniera’ e privo di autenticità espressiva. In questa opera è evidente l’influenza di Kandiskji. In questo momento si trova a Vienna, e si lega alla sua arte astratta che sottrae alla stabilità per cercare nuove vie espressive. L'instabilità tonale estrema, dovuta alla mancanza di qualsiasi centro di attrazione armonica, è utilizzata come specchio dell'estrema instabilità psicologica, ovvero dell'illogicità propria della dimensione onirica. Il principio è dunque quello di escludere qualsiasi gravitazione tonale e ciò si ottiene evitando l'uso delle scale diatoniche per servirsi il più liberamente possibile dell'intera gamma dei dodici suoni cromatici. Toglie ogni riferimento tonale, ogni nota uguale all’altra, non sappiamo più cosa aspettarci, alla fine di tutto il percorso dovrei cominciare a considerare l’altezza del suono e una variabile del tibro (colore del suono). Non gli interessa relazione tra do-sol, ma conta l’altezza in quanto colora diversamente il suono. Rivoluzione radicale, da Pitagora l’altezza era parametro matematico, a lui non interessa rapporto di frequenza ma timbro. Vuole creare melodie di timbri, di colori. Le 21 liriche rappresentano ciascuna una situazione particolare o un dato carattere del protagnista Pierrot: Le liriche sono divise in 3 gruppi di 7:
Und eine Springflut überschwemmt Den stillen Horizont. Gelüste, schauerlich und süss, Durchschwimmen ohne Zahl die Fluten! Den Wein, den man mit Augen trinkt, Giesst Nachts der Mond in Wogen nieder. Der Dichter, den die Andacht treibt, Berauscht sich an dem heiigen Tranke, Gen Himmel wendet er verzückt Das Haupt und taumelnd saugt und schlürft er Den Wein den man mit Augen trinkt. 13 versi, due quartine e una quintina. Schema fisso di ripetizioni: il 7-8 verso sono uali a 1-2 e l’ultimo è uguale al 1. Pianoforte e viola avviano la lirica. Inizia con un motivetto che si ripete per tutto il brano. E il brano si conclude con due battute affidate a tutti e 4 gli struemtni. Motivo discendente del flauto che delimita il primo e il secondo verso della strofa inziale. Che poi sarà fatto dalla viola. Il motivo ascendente della viola che finisce si ‘Das Haupt’ pone fine al peridodo sintattico. Le prime due strofe sono piano, la terza invece comincia bruscamente in forte, rimarcando l’inizio della terza strofa. (in cui si sentono gli accordi pieni del pianoforte) per poi ritornare in pianissimo gli ultimi due versi. Un ciclio di 21 liriche che manifestano in modo particolarmente pregante l’influenza dell’esspressionismo.jh
Astronomy Domine è una canzone dei Pink Floyd, la prima traccia del loro album di debutto, The Piper at the Gates of Dawn. Cazone scritta da Syd Barret e incisa dai Pink Floyd nel 1967. Peridoo in cui verso la metà degli anni '60 in Gran Bretagna come 'rottura della supremazia della canzone'. Equilibrio canzone musica sembra ormai rotto: Uso della voce non per stabilire il primato sul resto ma per renderla compartecipe dell'insieme Assenza della struttura strofica: è comunque percepibile una forma di strofica perchè il giro armonico genera una melodia over su suoni ribatutti. La quadratura armonico-melodica è in palese contrasto con il testo poetico che ha versi liberi con rime e alliterazioni. L’esito è un componimento calibrato in tutte le sue parti e offre una soluzione efficace al superamento del cantato della canzone. Composizione: La canzone venne composta da Barrett nel 1966 (nonostante ci lavorasse già dal '65), quando le sessioni con i Floyd si svolgevano nell'appartamento di Highgate di Mike Leonard. Durante le pause, Barrett consultò svariati atlanti siderali di Leonard, dalla cui consultazione venne fuori il verso Jupiter and Saturn / Oberon, Miranda and Titania / Neptune, Titan
tenebroso tessuto dalle tastiere e enfatizzato dal drumming forsennato di Mason. All’inizio proprio l’organo Farfisa di Rick Wright imita il codice morse, un messaggio in codice che è rimasto un mistero a dispetto dei numerosi tentativi di decifrarlo.
Introduce con pianoforte, poi introduce una sezione con il sogno di lei di trovare un uomo e poi attacca la vera e propria canzone. Il primo “verse” introduce la scena, fa da tres d’union tra la parte recitata e il musical. Struttura “ chorus-bridge ” perchè il verso è talmente collegato alla scena che si può togliere. Se sono a teatro metto il verse, se sono in una centro commerciale posso toglierlo, Struttura che consente di agganciarti subito, mentre nell’altra struttura necessario tutto. Qua verse - chorus - bridge - ripetizione chorus. Gancio immediato. Lo Hooks : “il gancio” la parte più accattivante della strofa, è questo che garantisce il successo, specialmente tipo in ambito radiofonico. Costruzione della canzone chours-bridge-ripresa, caratterizza il musical anche per questa idea di ripetizione, che garantiscono la memorizzazione e la riconoscibilità della canzone stessa, anche fuori da teatro Discorso sul musical. Anche “The Man I Love” rientra in quella messa a punto del nuovo genere musicale nato dalla tradizione afroamericana e realizzato attraverso l’equilibrio perfetto fra il blues e il jazz, un mix che troverà la sua realizzazione più completa nell’opera “Porgy and Bess”. Le parole di Ira sono teneramente malinconiche, ma piene di vitalità e speranza. Una donna pensa all’uomo che amerà, che un giorno si presenterà davanti a lei e che lei farà di tutto perché rimanga. Non è un’attesa lunga quella che spera la protagonista della canzone, perché sta già contando i giorni della settimana: se non arriverà lunedì, sarà martedì che si farà vivo e costruirà una piccola casa, alla misura di una coppia di amanti (He’ll build a little home, just meant for two). Ionisation - Varese 1930-31 scrive questo brano, tendenzialmente elimina le note costruendo un brano quasi solo per percussioni, che hanno un “punto” di suono. Accanto a questa prevalenza di questi, inserisce dei suoni lunghi e delle strisciate sonore per il quale utilizza delle sirene. Solo alla fine della composizione entrano strumenti percussioni intonati, tra cui il pianoforte. Cambio di colore sonoro, per il resto si avventura a costruire composizione soltanto con giochi ritmici. Ionisation (1929-1931) è un'opera musicale del compositore Edgar Varèse scritta per tredici percussionisti, c hiaramente ogni esecutore deve suonare più strumenti alternativamente, all'inirca 3- strumenti per persona., ed è la prima opera da concerto dedicata soltanto a percussioni. La prima esibizione si tenne alla Carnegie Hall di New York, il 6 marzo 1933, sotto la direzione di Nikolas Slonimsky, a cui il pezzo fu poi dedicato. Un critico descrisse la performance come un “pugno nella mandibola”. La partitura è composta per un insieme formato da: 3 grancasse (media, grande, molto grande), 3 tamburi militari, 2 rullanti, tarole (una sorta di piccolo rullante), 2 bongos, tamburello, 2 cembali, 3 tam-tam, gong, 2 incudini, 2 triangoli, sonagli, campanaccio, campane tubolari, celesta, cassa di risonanza del pianoforte, 3 “blocchi del tempio” (strumento simile alle nacchere, in uso in Giappone), clave, maracas, nacchere, fruste, güiro (una percussione tipica dei Caraibi), sirene alte e basse, e un tamburo a corde noto come ruggito di leone.
Ionisation è centrato sull'espansione e sulla variazione delle cellule ritmiche, e il titolo si riferisce alla ionizzazione delle molecole. Come poi disse Varèse stesso: “Non ero influenzato da altri compositori più di quanto fossi influenzato dagli oggetti naturali o dai fenomeni fisici”. Varèse riconobbe anche l'influenza dei futuristi italiani Luigi Russolo e Filippo Tommaso Marinetti per quanto riguarda la stesura della sua opera. Soltanto le ultime diciassette battute includono i suoni del sistema tradizionale, dove in ogni cinque accordi successivi sono contenuti i dodici suoni della scala cromatica. Sidney Finkelstein scrisse: «[Ionisation] è costruito basandosi su una sensibile gestione e su un contrasto di diversi tipi di suoni percussivi. Ci sono suoni non definiti in altezza, come quelli della grancassa, dei rullanti, dei blocchi di legno e dei cimbali; suoni di altezza relativamente definita, come per il pianoforte e per le campane tubolari; suoni di altezza continuamente variabile, come per le sirene e per i ruggiti dei leoni. È un esempio di costruzione spaziale, che si innalza grazie a una grande complessità di piani di ritmo e di timbro che si intersecano tra di loro, e poi il rilassamento con il rallentamento del ritmo, l’entrata delle campane e l’allargamento del silenzio tra i suoni. Questi sono esempi dei suoni caratteristici della moderna vita di città.» È la prima composizione di una certa ampiezza, e di un musicista di rango, a prevedere un organico di sole percussioni. Sin dall’inizio del 900 molti compositori avevano progressivamente ampliato il ruolo di tali strumenti nell’ambito della scrittura orchestrale ma l’impiego delle percussioni fu tuttavia sempre concepito nell’ambito di una costante integrazione in segno alla compagine orchestrale. L’idea che fosse possibile trattare le percussioni come un insieme strumentale indipendente, per il quale scrivere un intera composizione, violava un precetto estetico che prescriveva l’invalicabile frontiera tra suono e rumore. Prima di Varese il suono impiego era integrato con il suono di altri strumenti. Varese mette in discussione la netta separazione tra suono e rumore. Egli era convinto che le proprie idee sulla necessità di giungere a un nuovo modo di comporre potessero trovare proprio nelle percussioni l’elemento innovativo in grado di ampliare i confini del concetto di ‘suono’ e integrare masse sonore composte da suoni tradizionale e masse sonore svincolate dal sistema delle altezze proprio dell’universo sonoro temperato. Nello spartito, prima della notazione vera e propria, molte indicazioni forniscono tutto il necessario per una esecuzione possibilmente precisa. A parte una comprensibile descrizione dettagliata delle caratteristiche di ogni strumento (alcuni molto particolari, come tre tipi di sirene) vediamo anche un'illustrazione per la collocazione degli esecutori durante la performance: troviamo già quindi il motivo della spazializzazione che otterrà una vera importanza solo diversi anni dopo. Ionisation parte con una introduzione in piena regola che dal nulla sonoro arriva ad un medio/alto livello di intensità che si risolve con l'attacco del tamburo militare (31''). Motivi presentati confusamente nell'introduzione vengono riprodotti come sfondo, finché il soggetto non passa al tarole, ai chinese block (1'02''), e successivamente viene imitato dai Bongo. Abbiamo ora lo sviluppo di tutte le possibilità timbriche di questa formazione. Sono percepibili l'utilizzo di maracas, vari blocchi di legno, cymbalom e altri strumenti che si scambiano il tema. Una sirena in pianissimo porta ad una sezione dalle sonorità in crescendo (2'11''). Finalmente a 2'31'' ascoltiamo il secondo soggetto, una figurazione di quintine di sedicesimi emesso contemporaneamente da cinque strumenti (bongo, tamburo militare, chinese blocks, maracas, tarole).
64x64 celle. In ogni cella viene inserito un valore: il tipo di suono, la durata, il volume. Attraverso dei meccanismi casuali gestiti da un calcolatore avviene la scelta all'interno di queste possibilità. Gli stessi meccanismi avvengono a livello verticale per la creazione di effetti polifonici, e per la scelta dei ritmi. In Imaginary landscape no. 4 per dodici radio, del 1951, ogni radio è controllata da due esecutori, uno sintonizza la frequenza, l'altro cambia il volume, seguendo le indicazioni della partitura. I risultati sono sempre differenti e imprevedibili. Invece di tentare di imporre il suo stile musicale all'ambiente locale, Cage lascia che sia l'ambiente locale a determinare il risultato della propria arte. Un altro metodo di composizione casuale si basa sull'osservazione delle imperfezioni della carta su cui si scrive la musica. L'approccio alle filosofie orientali porta Cage verso la negazione dell'io, verso la rinuncia all'espressione e alla comunicazione, verso l'abbandono del controllo umano sulla natura e sul suono. L'alea è un modo per imitare la maniera in cui la natura opera e per aprire la mente alle influenze divine, ad esempio al mondo indeterminato dei suoni non intenzionali. Cage vuole creare musica che non ha mai ascoltato. Un'importante rivoluzione, anche nel senso classico della traduzione musicale, è costituito dal suo " Concerto per pianoforte e orchestra ", composto nel 1958 con la tecnica dell' I Ching. Silenzio In questo periodo visita la camera anecoica dell'università di Harvard, una stanza insonorizzata e acusticamente trattata, in cui poter "ascoltare il silenzio". Cage invece riesce a sentire dei suoni, i suoni del suo corpo: il battito del cuore, il sangue in circolazione. Ciò che ne ricava è la consapevolezza dell'impossibilità del silenzio assoluto. Il silenzio è una condizione del suono, è materia sonora: sottolinea e amplifica i suoni, li rende più vibranti, ne preannuncia l'entrata, crea suggestivi effetti di attesa e sospensione. Il silenzio è un mezzo espressivo, è pieno di potenziale significato. Nel 1952, anche in seguito all'esperienza nella camera anecoica, compone 4'33" , per qualsiasi strumento. L'opera consiste nel non suonare lo strumento. La sostanza esecutiva dell'opera è un'operazione teatrale più che musicale. Il titolo dell'opera (4 minuti e 33 secondi: vale a dire 273 secondi) è forse un richiamo alla temperatura dello zero assoluto (–273,15 °C che equivale a zero Kelvin); Cage stesso dichiarò d'aver creato quel titolo "just for fun" - per puro divertimento - in quanto, scrivendolo con la sua macchina da scrivere, la maiuscola del numero 4 era il segno ' e la maiuscola del numero 3 era il segno "[4]. Il significato del silenzio è la rinuncia a qualsiasi intenzione. La rinuncia alla centralità dell'uomo. Il silenzio non esiste, c'è sempre il suono. Il suono del proprio corpo, i suoni dell'ambiente circostante, i rumori interni ed esterni alla sala da concerto, il mormorio del pubblico se ci si trova in un teatro, il fruscio degli alberi se si è in aperta campagna, il rumore delle auto in mezzo al traffico. Cage vuole condurre all'ascolto dell'ambiente in cui si vive, all'ascolto del mondo. È un'apertura totale nei confronti del sonoro. Una rivoluzione estetica: è la dimostrazione che ogni suono può essere musica. Io decido che ciò che ascolto è musica. È l'intenzione di ascolto che può conferire a qualsiasi cosa il valore di opera. Cage ha rivoluzionato il concetto di ascolto musicale, ha cambiato l'atteggiamento nei confronti del sonoro, ha messo in discussione i fondamenti della percezione. Cage ha detto: «Cerco di pensare a tutta la mia musica posteriore 4'33 come a qualcosa che fondamentalmente non interrompa quel pezzo.»
Uno dei modelli di 4'33" è Robert Rauschenberg, il pittore amico e amante di Cage che nel 1951 produsse una serie di quadri bianchi, che cambiano a seconda delle condizioni di luce dell'ambiente di esposizione. La musica aleatoria crea un problema a livello critico. Come si può criticare un'opera che non è il frutto del lavoro intenzionale di un autore? Si conclude che il lavoro di Cage è un lavoro puramente filosofico, che la sua importanza sta nelle idee, non nel risultato musicale di queste idee. Si pensa che i risultati di queste idee siano uguali l'uno all'altro dal punto di vista stilistico, come delle serie di numeri presi a caso. Ma Cage è un compositore e ha una sensibilità, uno stile musicale, che cambia con gli anni e l'avvento delle nuove tecnologie. «Cage si pone delle domande quando decide di comporre con tecniche casuali e se il risultato, la risposta che riceve da queste domande non lo soddisfa, cambia le domande.» (James Pritchett)
La composizione presenta una struttura molto particolare, lontana da ogni teoria musicale conosciuta, per creare un'opera poetico-musicale fatta non attraverso i temi ma con le forme del linguaggio stesso. In questa oscillazione e nella decostruzione del significato delle parole, nella ricerca del puro timbro e delle risonanze, "il suono diventa significato" e la voce diventa il simbolo del corpo umano stesso e del suo segno espressivo.
Con il termine musica minimalista ci si riferisce ad un ramo della musica colta sorto negli Stati Uniti durante gli anni sessanta. Alternativa al serialismo della musica colta europea di Anton Webern, il minimalismo nacque dall'esigenza dei compositori minimalisti di rendere più accessibile la musica d'avanguardia astratta dei primi anni sessanta, da loro considerata "impossibile da ascoltare". Generalmente basato sulla ripetizione costante di schemi semplici eseguiti da piccole orchestre, e spesso eterogeneo a causa delle scelte stilistiche dei suoi autori, ebbe fra i suoi inventori La Monte Young, Terry Riley, Steve Reich e Philip Glass. Spesso ed erroneamente accomunato alla sola idea di ripetizione, il minimalismo si basa, in realtà e più in generale, sull'estrema riduzione del materiale musicale tradizionale, e su modelli stilistici che variano da compositore a compositore. Timbricamente uniformi, spesso tonali, e prive di una struttura musicale definita dall'armonia, le composizioni minimaliste cambiano progressivamente, ma in modo quasi impercettibile ed apparentemente statico, attraverso le ripetizioni e sovrapposizioni ritmiche di cellule melodiche che possono generare, a volte, tessuti sonori particolarmente complessi. Probabilmente uno dei minimalisti più schematici, Reich fu colui che, più di tutti, contribuì a definire il minimalismo in quanto "musica come processo graduale". La sua musica è basata sul fruitore, il cui obbiettivo primario è quello di percepire il processo musicale delle sue composizioni. Reich utilizza la modalità minimale con grande fedeltà, per comporre però opere contaminate dall'interazione con diverse forme espressive, e con un sensibile intento di ricerca ed innovazione. Music for 18 Musicians è un'opera di minimalismo musicale composta da Steve Reich nel 1974-1976. La sua prima mondiale fu il 24 aprile 1976, al Town Hall di New York City. Nella sua introduzione alla partitura, Reich afferma che, sebbene il pezzo si chiami Music per 18 musicisti , non è necessariamente consigliabile eseguire il pezzo con quei pochi giocatori a causa del raddoppio che richiede. Diciotto musicisti appunto si cimentano in un delirio di strumenti, tutti acustici: oboe e marimbas, cello e voci, piano e maracas, xilofoni, clarinetto, vibrafono e 4 voci femminili in una sarabanda di intuizioni e spasmi sonori che si evolvono con naturalezza e ispirazione davvero fantastici, e con uno slancio che evita abilmente qualsiasi pericolo di manierismo. L'opera è basata su una serie ciclica di undici accordi. Ogni singolo pezzo è basato su uno degli accordi, e alla fine dell'esecuzione si ritorna al punto originario. Le sezioni si intitolano semplicemente Pulses e Section da I a XI. Music for 18 Musicians è stato il primo tentativo di Reich fatto per grandi formazioni orchestrali, e la gran quantità di musicisti sulla scena fa sì che si generi una crescita di effetti psicoacustici. È la prima volta Reich utilizza una strumentazione così variegata, e la prima in cui ne fa un utilizzo così esplosivamente innovativo. Ila fattore che rende questa composizione così importante è il fatto di creare un nuovo universo sonoro. Un universo dove la ripetizione, e il continuo avvilupparsi e crescere delle tracce melodiche genera un stato simile alla trance , o al sogno; un universo dove tutto è ritmo, persino la voce, un universo in continua crescita e sviluppo
Steve Reich ha fatto sapere che questo lavoro possiede più movimenti armonici nei primi cinque minuti di ogni altro lavoro da lui scritto. In quasi tutta la musica che conosciamo, specialmente quella mainstream , c’è uno strumento, una traccia melodica, che domina sul resto. Spessissimo è la voce, ma può essere anche uno strumento solista (ad esempio, la chitarra in un assolo). È una caratteristica antica della musica occidentale dal rinascimento in poi: c’è sempre un qualcosa che domina, una gerarchia; Non è così in altre tradizioni musicali, come ad esempio quella africana: qui il musicista rinuncia alla sua identità per dare il contributo all’opera collettiva. Ed è proprio in Africa, nello specifico ad Accra, in Ghana, che un Steve Reich trentacinquenne cerca risposte. Ha già da sempre una forte vocazione al ritmo; ambisce a una musica quasi impersonale, che fluisca naturalmente, come un processo. Proprio nel breve Music as a process Reich espone le sue idee: il compositore statunitense vuole poter percepire distintamente lo sviluppo della musica, godere della struttura con chiarezza; Come abbiamo già detto, Reich ha da sempre una forte vocazione alla ritmicità, ed è qui proprio per studiare il drumming africano, e qui rimane affascinato da due elementi: la fortissima poliritmia che caratterizza la musica africana, e la figura del maestro tamburino. Il maestro tamburino è colui che gli altri musicisti seguono; quando il maestro cambia pattern ritmico, gli altri musicisti rispondono suonando figure ritmiche appropriate. Reich rimane affascinato da questa musica che si regola dall’interno, senza la necessità di un direttore, e conserva comunque una forte unità e integralità strutturale. Nel corso degli anni seguenti, riflette a lungo sulle intuizioni e le suggestioni procurate da questa esperienza. Intorno al 1964 gli appare un aiuto dal mondo onirico: il compositore sogna sé stesso e il proprio ensemble suonare in una spiaggia africana, con le onde che si infrangono vicino a loro. Da questa visione Reich trarrà l’ispirazione alla base di Music for 18 musicians. L’esperienza africana sarà fondamentale per la scrittura del disco, che è completamente non-gerarchizzato. Xilofoni, marimbe e pianoforti (tutti strumenti percussivi -anche il pianoforte, e spesso lo si scorda) creano pattern ritmici di crescente complessità, sui quali si sostiene tutta la composizione. Le prime note sono proprio quelle della marimba , che ripetono ostinatamente un’ottava (ossia la stessa nota, ma alternando due altezze differenti); questo ruolo di “base” sarà mantenuto per tutta la composizione, che dura quasi un’ora, da vari strumenti: questa ripetizione costante rende indissolubilmente legate tutte e undici le sezioni che compongono la composizione. La base ritmica dà in un certo senso indicazioni ai musicisti su quando e come entrare, conducendo la composizione in modo armonico e non gerarchico, in modo simile al maestro tamburino della musica africana. L’introduzione Pulses presenta, uno dopo l’altro, tutti gli undici accordi sui quali è basata ciascuna delle sezioni della composizione. Reich disse ai suoi musicisti di mantenere ogni accordo “finché fossero riusciti a mantenere il respiro”: ancora una volta lo svolgersi della composizione è affidato a qualcosa di automatico, di naturale, che sgorga dai musicisti stessi; una intuizione suggestiva e fascinosa. Ritmicamente, ci sono due tipi di tempo sostanzialmente diversi che si verificano simultaneamente in Music per 18 musicisti. Il primo è quello di un regolare impulso ritmico nei pianoforti e strumenti a martello che continua in tutto il pezzo. Il secondo è il ritmo del respiro umano nelle voci e negli strumenti a fiato. L'intera sezione di apertura e chiusura più una parte di tutte le sezioni in mezzo contengono impulsi dalla voce e dai venti. Fanno un respiro profondo e cantano o suonano impulsi di note particolari per tutto il tempo in cui il loro respiro li sosterrà confortevolmente. Il respiro è la misura della durata del loro pulsare.
"Possiamo già controllare le continue trasformazioni di grandi serie di suoni granulari o continui, perché densità, durata, registri, velocità, ecc. Possono essere soggetti alle leggi di grandi numeri con le necessarie approssimazioni. quindi, usando mezzi e deviazioni, dai un volto a questi insiemi e facendoli evolvere in direzioni diverse. Il più noto è quello che passa dall'ordine al disordine o viceversa. Il concetto di entropia viene introdotto lì ma, [...] possiamo progettare altre trasformazioni continue, ad esempio un insieme di suoni pizzicati che si trasformano continuamente in un insieme di suoni arco " Xenakis utilizza quindi la legge dei grandi numeri che calcolano le probabilità di densità sonora, basandosi in particolare sulla teoria cinetica dei gas, che "risolve il problema della distribuzione delle velocità molecolari in un dato gas utilizzando in modo generale al calcolo delle probabilità ", secondo le leggi di Boltzmann e Maxwell. La sua ricerca formale lo porta a considerare le leggi dell'apparenza e della successione degli eventi sonori attraverso le formule stocastiche (dal greco stochos: bersaglio), più precisamente quelle di Poisson, con le quali è possibile controllare atmosfere sonore rarefatte. Xenakis utilizza per la prima volta il sistema stocastico in Pithoprakta (atti casuali), in cui la distribuzione di velocità di glissando prodotta dalle corde deriva dalla legge di Gauss. Il termine stocastico implica un'abbreviazione della teoria e il calcolo delle probabilità. In questa fase della sua ricerca, Xenakis si sforza di trovare "una regione di confine di strutturazione" tale che il numero di regole di composizione sia drasticamente ridotto e da cui tutta la memoria viene scartata il più lontano possibile. La legge di Poisson gli consente proprio di "creare da zero una forma musicale libera, basata su un minimo di vincoli logici, un numero minimo di relazioni tra gli eventi sonori". Pithoprakta si basa sul calcolo di probabilità e masse. Il lavoro si evolve dal suono rumoroso degli attacchi percussivi sulla scatola di strumenti a corda al suono puro (armoniche delle corde). Inizialmente appaiono blocchi più o meno densi senza altezza fissa. Xenakis dice: "restituire lo strumento e colpire con l'articolazione del mezzo della mano destra nel mezzo del corpo dello strumento, o il palmo della mano e senza tornare allo strumento la cassa vicino alla spalla o sotto il ponte della culla ". Molto gradualmente si moltiplicano i suoni di altezza determinata (primo basso pizzicati basso, poi suoni arco), che stanno diventando sempre più importanti. I suoni rumorosi sulle corde vengono eliminati, tutti i musicisti suonano l' arco , un violento tutti ( fff , strappare) Dopo una pausa I pizzicati e glissandi delle corde sono distribuiti secondo il calcolo delle probabilità; Dopo questo ci sono incroci di traiettorie individuali, improvvisamente impone un accordo contenuto in un ampio ambito globale, immobile ma con alcune "lacune",e l'aggiunta di un suono pulsato dello xilofono (a cui vengono aggiunti, due volte, interventi del blocco di legno). Tutto accade come se questo breve attacco innescasse un pizzicato che pulsava e che si sovrappone per diverse misure con il suono dello xilofono. Da lì, i pizzicati di velocità diverse si moltiplicano, nell'estremo alto. Per 1, 2, poi 3 dei primi violini, in seguito guadagnando i registri dei bassi, attraverso l'aggiunta di tre violoncelli e tre contrabbassi. Gli strumenti appaiono quindi accoppiati: uno suona un pizzicato , mentre un altro inizia un glissando , arco , dalla stessa altezza. Gli interventi sono più disparati ma sempre secondo un principio di accoppiamento tra uno strumento che produce
un pizz e, contemporaneamente, un altro che intraprende un glissando , ma questa volta non necessariamente a partire dalla stessa altezza. Dopo due battute di silenzio, i 46 strumenti a corde sono abbastanza individualizzati, con 6 gruppi di francobolli sovrapposti ( legno lucidato collo , col legnocolpisci, pizz. , arco normale, glissando , attacco al corpo dello strumento - indicato dalla lettera H), attraverso il quale passano a turno. Una miriade di dettagli danno vita a questa massa di suoni che potrebbe sembrare statica, a causa dell'eccezionale densità di eventi raccolti. Xenakis specifica in nota nella partitura: "In questa nebulosa di suoni, fai emergere le configurazioni galattiche dei tratti dell'arco" arco normale ff"strumenti contrassegnati da un quadratino nero". Ripeterà un po 'più tardi questa indicazione per una galassia di suoni scivolati. I due tromboni entrano per la prima volta, uno in possesso di un terreno tombale, l'altro produce un glissando molto lento, alternativamente ascendente e discendente. Sarà l'unico intervento dei tromboni. Le corde suonano in tutti , col legno colpiscono fff. Dopo una dispersione individuale all'altezza, a ogni strumentista viene data una singola nota ripetuta, dove il pizz. rapidamente prendere il sopravvento. Dopo una miscela di pulsazioni. per la maggior parte regolari, gli interventi diventano perfettamente sincroni. Due minuti e mezzo di silenzio sono una nuova pausa, seguita da un blocco tuttidi pulsazioni regolari miscelate durante l'equivalente di due misurazioni. Dopo un silenzio generale (interrotto da un intervento isolato del blocco di legno) arriva un nuovo blocco, da una parte delle corde, abbastanza regolare per quanto riguarda il ritmo e omogenea per quanto riguarda la modalità di attacco ( col legno colpito) e intensità ( fff ). Quindi, dopo un silenzio blocchi di pizza.prima ascendente e discendente per gruppi di cinque strumenti che si sovrappongono ai loro interventi (contrabbasso, violoncello, altos leggermente messi in scena 200, violoncelli + viole + secondi violini, 201); un nuovo arco, ritmicamente più disperso, dai bassi, in gravi, ai violini (in 6 parti soltanto), nel mezzo, che svolgono in col legno colpito, sempre FFF , che introduce un modo di simmetria alla mia. Dopo tre misure di silenzio, muto, si verifica un nuovo incrocio di glissandi sempre più fornito pizz. o arco(note tenute o in tremolo ), quindi suddivise in sottogruppi che si sovrappongono in modo complesso, con una diversificazione dei timbri arco ( sul ponticello , col legno colpito), delle pizze. scomparendo a poco a poco- un crescendo. Gli strumenti suonano tutti, nel normale arco di glissandi (senza tremolo); abiti lunghi si stanno diffondendo progressivamente, dall'estremo acuto all'estremo estremo. Il movimento si inverte: le note trattenute emergono dal glissandi nel tremolodagli estremi più bassi e gradualmente subentrati ma i registri gravi gradualmente lasciano il posto ai registri acuti, gli interventi che si attenuano quando si raggiunge il registro acuto estremo. Dal mes 250 sono esposti piccoli blocchi di quattro suoni sincroni all'unisono, intervallati da silenzi (con un intervento isolato del ceppo di legno), sempre su un si b, che agglutina il mio. 264 a 266, dopo due interventi dello stesso tipo, isolati, due dei primi violini, seguiti da un silenzio di circa una misura e mezzo. Dopo un nuovo silenzio, un ultimo breve gruppo di quattro suoni armonici, in tremolo sul ponticellodai secondi violini, chiude il lavoro; queste sono "atmosfere rarefatte", secondo la legge di Poisson.
La sezione C non offre nuovo materiale e nei suoi poco più di due minuti ripropone i primi elementi del brano invertiti nell’ordine di apparizione. Inizia con dei suoni con lo stesso indice di modulazione delle campane precedenti ma con frequenze diverse, più gravi.
Uno degli aspetti più affascinanti della produzione di Ligeti è senz’altro l’originalità. Nonostante egli sia inserito in un contesto dominato dallo strutturalismo post-weberniano, mantiene sempre nelle sue produzioni quel carattere che lo contraddistingue sia sul piano estetico sia su quello poetico. Questo carattere di peculiarità e ravvisabile anche nella composizione Glissandi del 1957, la prima opera per mezzo elettronico di Ligeti. Un’originalità pagata al prezzo del rifiuto da parte dello stesso compositore della sua opera. Immotivato, a nostro riguardo. Immotivato perché, nonostante sia chiara la dimensione ‘sperimentale’, Glissandi è comunque un lavoro di grande interesse; diverso certo da altre produzioni di questo periodo, ma fondamentale tappa per i lavori futuri: tutto il lavoro di ricerca fatto sulla ‘articolazione’ del materiale sarà fondamentale infatti per la realizzazione del successivo ‘Artikulation’ del
Interessante inoltre, perché un lavoro coraggioso: è uno dei lavori infatti che più si distacca dalle produzioni di quel periodo dello studio di Colonia, dove Glissandi è stato realizzato. Ligeti ha sempre teorizzato la ricerca di una propria strada, diversa dalla “strada maestra” tracciata a Darmstadt nella metà del secolo [LIGETI, 1960]; in effetti con questo brano pare che egli sia più legato ai concetti di densità sonora, di distribuzione, di movimento, piuttosto che a quello di composizione ‘giustappositiva’ in cui la forma è descritta indirettamente dallo sviluppo del materiale (concetto caro a Darmstadt). Sviluppo: è qui il punto nodale della composizione di Ligeti in generale ed in particolare della composizione con il mezzo elettroacustico. Non sempre infatti è rintracciabile nel lavoro di questo compositore il principio dello sviluppo in senso occidentale, in cui ad un materiale segue il suo sviluppo, ad una sezione segue il suo sviluppo. Non sempre è necessario che la composizione ‘accada’, più spesso invece la composizione ‘fluisce’, si dischiude. Il suo modo di agire è forse di natura più olistica; è teso alla costruzione d’immagini, la naturale relazione tra le quali crea la dinamica della composizione stessa. Solo così è interpretabile quel ‘continuum’ che permea tanti lavori del compositore; un flusso dunque, ininterrotto. Visione di dispiegamento piuttosto che di sviluppo. Proprio a questo tipo di concezione, afferisce Glissandi. Non esiste infatti in questo lavoro, un vero e proprio sviluppo del materiale che porta alla formazione di nuove sezioni. Tutto è centrato sul glissando. Non esiste altro materiale all’infuori del glissando: ogni immagine sonora è un’applicazione del glissando ad una diversa sorgente ed ogni sezione in cui il lavoro è diviso rappresenta solo un cambio di punto di vista (si noti che le sezioni indicate da Ligeti nei suoi appunti non sono affatto riconoscibili all’ascolto). Non è casuale quest’uso massiccio della tecnica del glissando. In primo luogo, è solo con la musica elettroacustica che il glissando trova sua piena espressione. Inoltre è proprio a questo periodo che risale l’interesse di Ligeti per il linguaggio parlato (in particolare per le sue funzioni articolatorie; saranno proprio questi studi ad ispirare i lavori Artikulation e Aventures). Infine si ricordi la volontà di Ligeti di abbandonare la ‘strada maestra’: con il glissando (così come con i clusters) ci si svincola dall’intervallo e dunque dal serialismo di Darmstadt. Il glissando è di particolare importanza nella storia della musica elettroacustica: si guardino ad esempio, ai primi del secolo,
Varèse con i suoni a sirena e Messiaen con le Onde Martenot.2 Ecco perchè glissandi, ovvero Glissandi. Per quanto sperimentale e costretta nei limiti tecnici della realizzazione manuale (il compositore ‘costruiva’ i glissandi a mano usando delle manopole) non si può non riconoscere a questa composizione un importante valore speculativo, fondamentale per il successivo iter artistico di Ligeti. In realtà credeva che attraverso la sintesi del suono si potesse cambiare il modo di fare musica, sottovalutando le difficoltà tecniche dovute ai mezzi e il tempo di lavorazione utile, sperava di trovare nuovi approcci con cui esprimersi e sperimentare. Ma, come lui stesso disse, “c’erano strumenti di misurazione, un generatore di onde sinusoidali tre registratori a nastro…”. Non si può completamente dargli ragione, come non si può propriamente dargli torto: il suo lavoro è sicuramente molto singolare per il periodo in cui è stato composto, è un lavoro di ricerca interessante, dato l’utilizzo di materiali semplici, ma difficili da gestire. È anche importante tenere a mente il primo approccio di un grande compositore, a un nuovo genere a lui sconosciuto e quindi osservare la maestria con cui gestisce gli elementi strutturali e l’ingenuità con cui si dedica ad alcuni elementi di carattere sonoro, da attribuire anche alle scarse competenze tecniche da novizio ed ai limitati strumenti a disposizione. Resta un dato di fatto, che Glissandi riesca a trasmettere ed a far entrare l’ascoltatore in un atmosfera proiettata in un futuro sonoro, futuro condizionato dalla visione possibile all’epoca. Per catalogare gli elementi sonori di Glissandi dobbiamo basarci sul tipo di gestualità principalmente e in alcuni casi sulla fonte sonora. Glissandi si può definire un brano mono-sonoro, gli oggetti sonori sono tutti costituiti da glissandi di sinusoidi o di bande di rumore. Dunque, sinusoidi differenziate dalla spettromorfologia e dalla frequenza, in alcuni casi da pochissimi livelli di surrogazione. Glissandi di gruppi di sinusoidi: è costituito da gruppi di seni ascendenti, che hanno una funzione evocativa. Costituiscono l’elemento principale della prima sezione e vengono riutilizzati come elemento di riempimento. Quando sono molto acuti, come elementi di chiusura per accentuare cambi o nuove evoluzioni; glissandi singoli con attacco rapido: glissandi molto rapidi e accentuati con attacco molto pronunciato; glissandi di rumore: materiale molto interessante, basato su fasce di rumore colorato, è uno dei materiali che si differenzia di più tra i vari oggetti sonori anche perché il glissando, non è generato da un cambiamento armonico, ma è dato invece dall’allargamento, con conseguente restringimento, delle frequenze di bande di rumore bianco filtrato. glissandi di gruppi di curve: materiale armonico formato da sinusoidi o rumore sovrapposto, effettuano quasi sempre delle curve di glissando ascendenti/discendenti, quindi simmetriche; glissandi ad alta frequenza: materiale dalla spettromorfologia e gestualità simile agli altri materiali, ma con una frequenza molto alta, che rende quasi impercettibile la curva di glissando. glissandi ad alta frequenza modulati: si tratta di un materiale basato sempre su onde sinusoidali, ma che non esegue l’andamento tipico della gran parte del materiale sinusoidale del brano, formando dei fraseggi. La forma e la modulazione richiamano le sonorità di un theremin ed è sempre costituito da due voci sovrapposte che richiamano il contrappunto. Oltre al materiale classificato sopra, si può aggiungere un’altra categoria che consiste nella surrogazione di primo livello, dovuta al trattamento di alcuni materiali processati attraverso riverbero o un’ inversione del nastro (reverse), lasciando la fonte comunque riconoscibile; in altri casi il riverbero è usato in maniera molto fine per spazializzare dando al materiale una certa fisicità. Ultima cosa da notare sono le curve di inviluppo di ampiezza di alcuni materiali nella seconda sezione,
timbro che caratterizza i vari oggetti sonori, e conservare le caratteristiche principali, quindi mette in primo piano la gestualità di ogni singolo glissando. Bisogna anche evidenziare la maestria esecutiva, avendo modificato manualmente e senza automatismi tutte le curve di inviluppo delle altezze, frequenze e ampiezze. Per quanto riguarda l’uso del riverbero che evidenzia i piani sonori, al contrario dell’appiattimento che si ottiene di solito con l’utilizzo di questo strumento. Questa caratteristica è data dalla tipologia di materiale, sintetico, e dalla tipologia di inviluppo che permette la fusione della coda del riverbero con la discesa della sua curva d’ampiezza. Il brano si mostra di natura sperimentale, un brano da studio. Ciò che ne emerge, in conclusione, è la coerenza nella struttura; coerenza data dal glissando come elemento di congiunzione, o come elemento tematico del brano.
Dispensa Ambient 1: Music for Airports è un album del musicista inglese Brian Eno, pubblicato nel 1978 dalla Polydor Records. Fu il primo che l'artista realizzò di una serie di 4 album ambient, termine coniato dallo stesso Eno per differenziare i propri esperimenti sulle musiche di sottofondo dai lavori di aziende che realizzano musiche di sottofondo commerciali come la musica da ascensore della Muzak Holdings. Il suono ha il fine di disinnescare l'atmosfera di tensione ed ansietà tipica di un terminal aeroportuale e trasmettere all'ascoltatore la calma necessaria a placare il nervosismo per l'attesa e per il volo.[5] L'autore concepì quest'idea qualche anno prima durante la lunga attesa per uno scalo all'aeroporto di Colonia/Bonn, quando per alcune ore si annoiò per la deprimente musica che veniva trasmessa dagli altoparlanti. Il disco si articola in 4 sezioni distinte, con assoli di piano, voci filtrate al sintetizzatore ed altri toni, tutti manipolati dai nastri di Eno. Le lunghe note scorrono davanti all'ascoltatore senza dargli alcun punto di riferimento a cui aggrapparsi. L'autore esprime in quest'album la capacità del suono di uniformare le diverse percezioni del tempo degli ascoltatori con le rilassanti note allungate che trasmettono tranquillità, in contrasto con i febbrili movimenti che normalmente si compiono in un aeroporto. [5] (^) Nel descrivere l'album, Eno ha dichiarato: «Una delle cose che la musica può fare è distorcere la tua percezione del tempo in modo che non ti interessi realmente se le cose scivolano via o si alterano in qualche modo.
"The Rhythm of the Heat" è basata su un'esperienza fatta da Carl Gustav Jung mentre osservava un gruppo di percussionisti africani. IL nome dell’album è sempre molto ambiguo perché Gabriel ha sempre voluto identificarli come I,II,III,IV, qualcuno lo chiama ‘security’ qualcuno ‘Peter Gabriel’, qualcun altro ‘Peter Gabriel 4’ e altri semplicemente ‘IV’. “IV” è senza dubbio il personale contributo di Peter Gabriel alle lotte per l’identità, la libertà, l’uguaglianza portate avanti in mezzo mondo. Le atmosfere di “IV” sono dunque lontanissime da quelle scintillante raffinatezza di altre band che all’epoca trafficavano con synth come il Fairlight. Al contrario, sono inquiete, magmatiche, ossessionanti. Ecco l'oggetto dello "svelamento" condotto dalle geografie astratte del disco: l'inconscio collettivo, l'"ombra" che secondo Carl Jung accomuna e accompagna ogni essere umano. L'iniziale "The Rhythm Of The Heat" prende spunto proprio da un'esperienza dello psicologo svizzero con percussionisti tribali; il suo titolo in fase di lavorazione era "Jung in Africa". "IV" non è solo la celebrazione della ricchezza culturale dell'uomo, né soltanto lo smascheramento del complesso di superiorità occidentale: è il ritratto della nostra specie tramite le sue usanze e reazioni inconsce Gabriel ha scritto questa canzone sulla visita dello psicologo Carl Jung in Africa. Si unì a un gruppo di percussionisti e ballerini e fu sopraffatto dalla paura. Gabriel lo ha imparato dal libro di Jung Symbols And The Interpretation Of Dreams. Jung stava studiando l'inconscio collettivo e temeva che sarebbe diventato pazzo dal momento che i batteristi e i ballerini lasciavano che la musica li controllasse. Gabriel cerca di catturare questo sentimento con i tamburi tribali.